Vox Antiqua n. 10 - Indice
Editoriale
Giovanni Conti
Luigi Agustoni: Passion for the Liturgy
Nicola Zanini
Latin pronunciation and Gregorian Chant
Guido Milanese
La Polifonia sacra nel Manoscritto Perugia G20: origine, contesto e riflessioni intorno alla prassi esecutiva
Vladimiro Vagnetti
Notitiae
Editoriale
La scomoda ma veritiera voce del Profeta
Per chi ha un poco di familiarità con gli scritti biblici, ma non solo, il sapere che il destino dei profeti è segnato è quasi un’ovvietà. La voce del profeta è sinonimo di scomodità, perché dicendo cose nuove provoca o impone dei cambiamenti. A volte il profeta è persino segno di contraddizione: tradizione e innovazione si incontrano senza rinnegarsi. Il profeta pensa al futuro, parla di novità
e le attua a condizione di volgere lo sguardo verso l’Alto. Sono pensieri che sgorgano nella mente leggendo le avvincenti righe che aprono questo numero della nostra rivista, il 10°.
Righe che Nicola Zanini, fine liturgista e presbitero della chiesa luganese, dedica alla figura di Luigi Agustoni, suo protopredecessore alla testa dell’Ufficio liturgico diocesano. Righe intitolate Passion of the Liturgy, là dove “passione” va letta anche e soprattutto come sofferenza. Sono appunto le pene sopportate dal Profeta il cui ruolo, non abbiamo timore a dirlo, fu incarnato – per quanto riguarda l’avanzamento della scienza liturgica intesa a tutto tondo – da Luigi Agustoni. Che il grande maestro fosse oggetto di critiche e al centro di accese polemiche è storia nota ma, a volte, per quanto già conosciuto, si aggiungono elementi che cautamente sono stati custoditi in archivi che conservano anche la storia recente. È il caso della testimonianza portata da Zanini che, attingendo ai faldoni della Diocesi di Lugano – mantenendo l’anonimato dei delatori alcuni dei quali ancora oggi viventi – porta alla luce una “gustosa” lettera inviata in data 29 ottobre 1954 al Vescovo Angelo Jelmini. Mittenti erano lo strano e deprecabile connubio di alcuni docenti e studenti del Seminario Diocesano San Carlo. La lettera, firmata, si presenta in 4 ampi fogli suddivisi in due colonne: quella di destra elenca gli insegnamenti del Magistero della Chiesa, quella di sinistra descrive in modo succinto l’insegnamento del professore di liturgia. La lettera – seppur bieco tentativo di screditare Agustoni – appare oggi testo prezioso, che si pone in un momento storico-liturgico preciso, il passaggio tra un insegnamento ancora legato alla dottrina liturgica di Trento e quello del Movimento liturgico. Zanini – con la delicatezza che lo contraddistingue – sottolinea una volta di più che le tanto criticate “dottrine sostenute nella scuola del M. R. Don Luigi Agustoni” non sono altro che i principi di Sacrosanctum Concilium, di Lumen Gentium, di Dei Verbum e di Gaudium et Spes, insegnate ben prima che fossero codificati. È vero, Agustoni fu anticipatore, di molte innovazioni (o recupero delle origini?) nella liturgia, osava spingersi oltre le norme vigenti. Ma non è questo un atteggiamento da Profeta?
Sull’insoluta e forse insolubile vexata quæstio della pronuncia latina si sofferma Guido Milanese, straordinario latinista e cattedratico di fama. Una questione di importanza centrale per la prassi esecutiva del canto gregoriano come di qualunque altra musica su testo latino. Milanese avverte da subito che la situazione è molto complessa. Il movimento culturale tardoromantico che portò al concetto moderno di “canto gregoriano” era orientato verso la ricostruzione di un ipotetico testo archetipico, in stretto collegamento con tutta la linea culturale europea, che mirava al recupero dell’unità cristiana del continente europeo, frazionato prima dalle divisioni religiose e poi dalla fine dell’unità politica, simbolica ma non solo, dell’Impero cristiano. Milanese attribuisce le responsabilità che spettano alla Rivoluzione Francese, che distrusse non solo simbolicamente, ma anche materialmente, molti segni della continuità culturale dell’Europa. Chiama poi in causa la cosiddetta “pronuncia romana” imposta a tutta la Chiesa cattolica, ma che di fatto risultò un’imposizione molto più teorica che reale. La pronuncia uniforme del latino è stata ed è ancora oggi un ideale molto importante che può farsi, attraverso il canto gregoriano, una vox, una sola voce, capace di superare anche foneticamente le frammentazioni religiose e accademiche.
Un ampio spazio è infine dedicato al corposo studio che Vladimiro Vagnetti ha consacrato al manoscritto conservato a Perugia nella Biblioteca Comunale Augusta con la segnatura 431 ma, dai più, conosciuto con la vecchia segnatura ovvero G20. Si tratta di un’antologia musicale manoscritta nel tardo Quattrocento della quale Vagnetti, ricercatore e interprete specializzato nella musica medievale e rinascimentale, indaga minuziosamente tutti gli aspetti legati ai contenuti polifonici sacri. Passando anche attraverso l’indagine iconografica, l’autore giunge a sviscerarne l’origine e il contesto e, con un’articolata serie di riflessioni, approda alle proposte conclusive relative alla prassi esecutiva.
Giovanni Conti
direttore di Vox Antiqua